La tutela autorale nell’industrial design

Il presente elaborato, prendendo le mosse dall’analisi della sentenza n. 1320/2021 del Tribunale di Milano, Sez. XIV civ., analizza il rapporto intercorrente tra il diritto d’autore e l’industrial design esaminando come l’espressione del valore artistico di un prodotto di design non possa intendersi compromessa dal carattere industriale del prodotto stesso. Ciò è affermato premettendo che, in tale ambito, sussiste la possibilità che l’opera di design possegga caratteristiche tali da suscitare un apprezzamento sul piano estetico che prevalga sulle specifiche funzionalità del prodotto. Pertanto, si procederà ad analizzare i fattori convergenti e divergenti sussistenti tra la figura dell’artista e quella del designer, affrontando la questione dal punto di vista normativo, per meglio comprendere come un’opera di industrial design possa essere tutelata ai sensi del diritto d’autore.

L’artista e il designer: due realtà a confronto

Nell’economia capitalista postindustriale, l’inventiva ed il talento individuale costituiscono strumenti di alto potenziale in grado di creare ricchezza e lavoro attraverso l’uso della proprietà intellettuale.

Tali elementi sono considerati la genesi della creatività nei settori manifatturieri, in particolar modo in quello dell’industrial design, costituendo il motore dell’economia e fonte di vantaggio competitivo per le aziende le quali, volendosi distinguere nel gremito mercato odierno, prestano una maggiore attenzione alle caratteristiche estetiche dei beni che attraggono i consumatori. Ciò avviene in quanto il design è capace di convogliare le scelte della clientela sui prodotti di una determinata azienda strappando quote alla concorrenza. I consumatori, infatti, confrontandosi con un’enorme vastità di articoli, durante il processo decisionale di scelta e acquisto di taluni beni invece che per altri, sono influenzati non solo da esigenze pratiche e funzionali, ma anche, ineluttabilmente, dal loro design.

Dunque, l’importanza che tali opere rivestono ha fatto sorgere un dibattito sul confine tra arte e design che ha infiammato per decenni teorici ed esperti, in quanto sembra necessario concedere al designer strumenti che possano offrirgli la possibilità di sfruttare economicamente la creatività dei propri prodotti.

Orbene, al fine di addentraci nella disamina dell’argomentazione oggetto del presente scritto, è necessario operare un’attenta analisi inerente alle due normative cardine dell’arte e del design: ossia il diritto d’autore e il diritto industriale.

È noto che, ai sensi della legge sul diritto d’autore L. n. 633/1941, è definibile artista colui che con la sua opera, solitamente composta da poche se non uniche riproduzioni, intenda comunicare un messaggio idoneo a trasmettere le proprie idee ed emozioni. Come summenzionato, l’opera dell’artista è tutelata ai sensi del diritto d’autore il quale rappresenta un insieme di diritti di carattere morale e patrimoniale2, esercitabili per un periodo di tempo di lunga durata3, sulle opere dell’ingegno che siano frutto della creatività del soggetto che le abbia realizzate.

Al fine di comprendere la portata del diritto d’autore è doveroso non soltanto rifarsi a ciò che l’ordinamento intenda per bene giuridico4, ma bisogna rammentare anche un importante concetto relativo alla differenza intercorrente tra bene materiale e immateriale, in quanto oggetto del diritto d’autore è il c.d. corpus mysticum distinto dal possesso e/o proprietà del mero coprus mechanicum rappresentato dal supporto sul quale l’opera è fruibile e la cui proprietà spetta a chi lo ha acquistato.

Si noti come tale concetto miri a valorizzare e a rendere efficace il principio del diritto d’autore sancito dall’art. 19 l. aut. fondato sull’indipendenza delle facoltà economiche di sfruttamento di un’opera dell’ingegno5. A tal punto è bene sottoporre all’attenzione dei lettori che l’acquisto di un’opera tutelata dalla legge sul diritto d’autore non comporti automaticamente anche l’acquisto dei relativi diritti patrimoniali sull’opera stessa che, se non diversamente previsto nel contratto di compravendita, rimangono in capo all’autore. La Legge sul diritto d’autore, infatti, sul punto è chiara in quanto all’art. 109 l. aut. statuisce che “La cessione di uno o più esemplari dell’opera non comporta, salvo patto contrario, la trasmissione dei diritti di utilizzazione, regolati da questa legge”6, e quando tale cessione risulti invece convenuta, “la trasmissione dei diritti di utilizzazione deve essere provata per iscritto”7 cosi come disciplinato dall’art. 10 l. aut.

Il legislatore del 1942, non a caso, ha disciplinato le creazioni dell’ingegno nel Libro V, Titolo IX, Capo I, del codice civile quasi a voler chiarire la lontananza dei diritti riconosciuti in materia dal modello proprietario e a considerare tali creazioni quali suprema espressione del lavoro intellettuale. Il Capo I, letto in combinato disposto con il successivo8, riflette la disparità ancorata al modello classico imperniato sulla summa divisio che ascrive la tecnologia ai brevetti e l’estetica al diritto d’autore9. Tuttavia, addentrandoci nel vivo della presente argomentazione si dimostrerà come la bipartizione segnata dalla summa divisio testè menzionata tenda a sfumarsi. Ma ora, riallacciandoci al discorso di cui sopra, risulta doveroso precisare che mentre i beni materiali sono tradizionalmente oggetto del diritto di proprietà, per quelli immateriali ci si avvale di un più generico diritto di “appartenenza” in cui il riferimento terminologico alla “proprietà” ha il solo scopo di evocare l’idea di esclusività quale possibilità riconosciuta al titolare di escludere chiunque dallo sfruttamento del bene. Orbene, con l’utilizzo della comune espressione “proprietà intellettuale” si suole indicare genericamente le situazioni giuridiche soggettive riconosciute in ordine allo sfruttamento di una data creazione intellettuale10. Inoltre, se si analizza l’art. 2575 c.c., inserito nel contesto normativo sopra richiamato, si legge che “Formano oggetto del diritto di autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”. Il riferimento al carattere creativo va inteso come manifestazione di un talento espressivo e non come manifestazione di una pura abilità tecnica. Pertanto, da ciò si noti che se da un lato ciò che viene tutelato sia qualunque creazione che sia manifestazione originale della personalità umana, d’altra parte si evidenzia come non venga in rilievo neppure l’utilità pratica che la creazione possa avere. Ed è proprio tale ultimo aspetto che segna il tratto distintivo tra le opere dell’ingegno oggetto di diritto d’autore e le invenzioni industriali11.

Infatti, ciò che differenzia l’opera tutelata dal diritto d’autore con l’opera del designer è che quest’ultima è riproducibile in un numero indefinito di esemplari12, è creata per un’utilità materiale rispondente ad una funzione pratica ed è tutelata ai sensi del diritto industriale e dal suo relativo codice di proprietà industriale (cod. prop. ind.) entrato in vigore il 19 marzo 2005. Quest’ultimo tende a proteggere l’inventiva e la novità, operando maggiormente nell’ambito della tecnica piuttosto che in quello della creatività proprio per incoraggiare lo sviluppo di nuovi processi industriali.

Rispetto alla tutela autorale che sorge dal momento della creazione dell’opera, la tutela attribuita dal diritto industriale è caratterizzata da una protezione più breve basata su un sistema di registrazioni i cui relativi diritti sono esercitabili subordinatamente al deposito di una domanda di registrazione presso gli appositi uffici13.

Ed oltrettutto, a livello legislativo, il diritto d’autore va provato14 ed esiste solo per le forme con valore artistico; il design registrato, invece, è corredato da un attestato che è considerato già di per sé una prova. Proprio in virtù di ciò, i provvedimenti di sequestro ed inibitoria15 sono molto più frequenti nel design registrato che non nel copyright16ed è per tale motivo che, in molti ordinamenti, si registra una certa riluttanza nell’applicarlo anche alle opere di design industriale, dove l’aspetto estetico si concilia e si fonde con quello funzionale.

Il design registrato, quindi, si configura sicuramente come lo strumento migliore di tutela per un prodotto industriale ma nonostante ciò si è discusso a lungo sulla tutelabilità delle opere del design industriale tramite il diritto d’autore in quanto la tutela da quest’ultimo offerta è senz’altro più allettante per gli imprenditori in quanto si estende fino a 70 anni dalla morte dell’autore.

Confine tra arte e design: cumulabilità tra la normativa autorale e industriale.

Nel nostro ordinamento, la netta separazione tra diritto d’autore e design industriale ha iniziato ad attutirsi attraverso il recepimento e l’attuazione, tramite il D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 95, della Dir. 98/71/CE la quale sancisce la possibilità di poter cumulare17 la tutela prevista per i “disegni e modelli”18 con quella del diritto d’autore, tanto è vero che l’art. 17, Dir. 98/71/CE recita che “i disegni e modelli protetti come disegni o modelli registrati in uno Stato membro o con effetti in uno Stato membro […] sono ammessi a beneficiare altresì della protezione della legge sul diritto d’autore vigente in tale Stato fin dal momento in cui il disegno o modello è stato creato o stabilito in una qualsiasi forma”19.

Ponendo l’attenzione sulla circostanza di fatto per cui ogni Stato membro può liberamente determinare le condizioni e l’estensione della protezione per tali opere (compreso il grado di originalità che il disegno o modello deve possedere) appare alquanto lampante il collegamento con l’art. 8, Dir. 98/71/CE20, il quale mette in risalto come in mancanza di un’armonizzazione comune tra i vari ordinamenti degli Stati membri in relazione alla normativa sul diritto d’autore si possa ricorrere al principio della cumulabilità.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, tale principio riveste un’importanza fondamentale per chiarire la disamina oggetto del presente elaborato in quanto è proprio in virtù dell’attuazione di tale Direttiva che è stato abrogato, senza non poche resistenze da parte della dottrina e della giurisprudenza, il criterio della scindibilità.

Ponendo una lente di ingrandimento sul principio del cumulo si veda come esso abbia fornito l’occasione affinché l’art. 17 della Design Directive fosse implementato nel nostro ordinamento mediante gli artt. 1 e 22, D.Lgs. n. 95/200121. Rispettivamente, l’art. 1 ha abrogato, dall’art. 5 della Legge Modelli, il divieto di cumulo tra la tutela brevettuale e quella autorale per i disegni e i modelli industriali (ornamentali).

Dall’altra parte, l’art. 22 ha agito su due fronti:

– Da un lato ha soppresso dall’art. 2, n. 4, l. aut. la dicitura “anche se applicate all’industria, sempre che il loro valore artistico sia scindibile dal carattere industriale del prodotto al quale sono associate”;

– Dall’altro ha introdotto un nuovo punto allo stesso art. 2, n. 10, l. aut. che prevede che sono comprese nella protezione (in base al diritto d’autore) “le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico”.

Inoltre la direttiva summenzionata ha modificato l’art. 2 della legge sul diritto d’autore aggiungendo dopo l’art. 12-bis l. aut., l’art. 12-ter l. aut. ed ha modificato l’art. 5, R.D. 25 agosto 1940, n. 1411 nella parte in cui proibiva la tutela d’autore per i modelli e disegni ornamentali.

Le opere dell’industrial design, quindi, sono tutelate come opere dell’ingegno di carattere creativo, senza che sia necessario scindere idealmente il valore artistico dal prodotto in sé.

A bene vedere, questo cambio di rotta introdotto nel nostro Paese a seguito del recepimento della Design Directive, ha avvicinato l’istituto del disegno industriale a quello dei segni distintivi e del diritto d’autore22, incidendo profondamente anche sulle modalità di tutela della forma come espressamente può essere evinto dalla formulazione dell’art. 7 cod. prop. ind. il quale statuisce che possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa “tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche”23.

Appare evidente, dunque, come anche la forma di un prodotto possa essere validamente registrata come marchio se essa presenti i caratteri richiesti in via generale per ogni segno ai fini della sua protezione come marchio d’impresa24.

Infine, l’orientamento prevalente25 sembra essere quello in base a cui una forma, inizialmente priva di capacità distintiva e tutelata come disegno o modello industriale, può essere protetta anche come marchio in presenza del cosiddetto “secondary meaning”26 che la forma può acquisire con il passare del tempo grazie all’affermazione commerciale e alla pubblicizzazione del prodotto. Meglio si intende questo concetto richiamando quanto ha affermato dal Tribunale di Napoli spiegando come la forma acquisti una capacità

distintiva di cui prima non era dotata e diventi un “compendio di conoscenze, suggestioni e comunicazioni: in altre parole un marchio”27.

Il concetto di arte applicata al design industriale alla luce della moderna Giurisprudenza.

Sulla scorta di quanto fin qui argomentato si può dedurre come i prodotti di design industriale, sebbene oggetto di produzione seriale, possono anche essere tutelati dal diritto d’autore, in tutti i casi nei quali la loro intrinseca gradevolezza estetica li ponga al di sopra di semplici oggetti di uso comune. L’argomentazione relativa all’accertamento di oggetto di design con un notevole surplus estetico rispetto al mero appeal commerciale della sua forma, è stato il punto cardine della sentenza da cui il presente elaborato ha tratto spunto: ossia la sentenza Trib. Milano, Sez. XIV civ., n. 1320/2021. Il Tribunale era stato chiamato a pronunciarsi sulla questione a seguito della richiesta di tutela ad opera degli eredi dei due famosi grandi designer (omissis), i quali intimavano all’adito Giudicante di inibire con urgenza la commercializzazione di una lampada che riproduceva quelle realizzate dai famosi designer creata per illuminare l’allestimento della sezione Industrial Design della X Triennale di Milano del 1954. Gli eredi fondavano la loro pretesa sulla circostanza di fatto per cui la loro opera di industrial design soggiaceva a quella del diritto d’autore.

Innanzitutto assodata dal Tribunale la legittimazione attiva nella causa essendo essa stata promossa dagli eredi dei designers titolari del diritto morale28 sull’opera, restava stabilire se l’opera di industrial design fosse proteggibile ai sensi del diritto d’autore. Il Tribunale accogliendo la richiesta delle parti ricorrenti e riconoscendo alle lampade la qualità di opere proteggibili dal diritto d’autore, si è espresso in merito evidenziando quattro punti fondamentali e cioè che:

I. “L’espressione del valore artistico di un prodotto di design non può intendersi in radice compromessa dal carattere industriale del prodotto stesso, posto che in tale ambito sussiste la possibilità che l’opera di design possegga caratteristiche tali da suscitare un apprezzamento sul piano estetico che prevalga sulle specifiche funzionalità del prodotto, in misura superiore al normale contributo che il designer apporta all’aspetto esteriore di linee e forme particolarmente gradevoli, raffinate ed eleganti. Al fine di dare concreto fondamento a tale valutazione è necessario rilevare nella maniera più oggettiva possibile la percezione che di una determinata opera di design possa essersi consolidata nella collettività e, in particolare, negli ambienti culturali in senso lato, estranei ai soggetti più immediatamente coinvolti nella produzione e commercializzazione ovvero nell’acquisto di un bene economico”.

II. “Positiva significatività della qualità artistica di un’opera del design è il diffuso riconoscimento che più istituzioni culturali abbiano espresso in favore dell’appartenenza di essa ad un ambito di espressività che trae fondamento e che costituisce espressione di tendenze e influenze di movimenti artistici, al di là delle intenzioni e della stessa consapevolezza del suo autore, dato che l’opera a contenuto artistico assume valore di per sé e per effetto delle capacità rappresentative e comunicative che essa possiede e che ad essa vengono riconosciute da un ambito di soggetti più ampio del solo consumatore di quello specifico oggetto”.

III. “La progressiva stratificazione di testimonianze costituisce piuttosto un indicatore estrinseco e oggettivo della sussistenza – sin dall’origine – del predetto valore artistico, che si sostanzia nella manifestazione ed esplicitazione riconosciuta e condivisa dell’appartenenza dell’opera al novero delle opere d’arte tutelabili dal diritto d’autore”.

IV. “La ricerca di riscontri esterni, obiettivi, verificabili e non limitati alla naturale autoreferenzialità di un ambiente ristretto alla sola cerchia dei designers, ma estesi a un più ampio orizzonte culturale, costituisce un criterio utile al fine di verificare se esista o meno un’opinione consolidata e diffusa rispetto al riconoscimento a una determinata opera di design di un significato e di un valore che trascenda la mera attitudine della sua forma esteriore ad attirare l’attenzione del consumatore e di dare a oggetti di uso comune una loro peculiarità estetica”.

Analizzando i punti cardine della sentenza emanata dal Tribunale di Milano si evince che la qualificazione di una creazione dell’industrial design come opera proteggibile ai sensi del diritto d’autore si concretizza non solo nel risultato della sensazione intrinsecamente soggettiva della bellezza percepita da chiunque sia chiamato a osservarlo, ma anche dal giudizio critico sull’opera proveniente della comunità degli esperti. Tale giudizio si consolida a seguito di un processo di storicizzazione, che fa riconoscere nell’opera una creazione che va al di là della mera ricerca estetica finalizzata incontrare il gusto del mercato in un certo momento storico. Quindi il c.d. “valore artistico” tanto richiamato dal Tribunale di Milano, consiste in quell’elemento estetico che consente di elevare un prodotto di carattere industriale ad opera creativa d’autore e che consiste nella capacità di un determinato oggetto di suscitare un apprezzamento sul piano estetico che possa prevalere sulle specifiche funzionalità in esso presenti. Per evitare che la capacità di suggestione di un oggetto venga fatta determinare da un giudizio personale, mutevole o arbitrario, la giurisprudenza del Tribunale di Milano ha fatto dipendere esso dalla prova del grado di apprezzamento che l’artisticità di un oggetto ha suscitato in quelle istituzioni culturali che abbiano individuato in esso capacità rappresentative, comunicative ed evocative che vanno al di là della semplice gradevolezza delle sue linee. Il Tribunale precisa poi come la ricerca di un significato artistico ulteriore rispetto alla funzione pratica di un prodotto di design, sconta, tuttavia, la necessità che perché tale riconoscimento avvenga, sia necessario che passi del tempo tra la creazione dell’opera e l’attestazione del suo valore artistico. Si pone, allora, un problema di prova del valore artistico per tutte quelle opere del design industriale più recenti, rispetto alle quali il giudice dovrà comunque cercare di fondare il giudizio di sussistenza del valore artistico di per sé su parametri in qualche modo verificabili e non arbitrari o meramente soggettivi.

Alla luce di quanto fin qui esplicato emerge come attorno ai marchi, disegni e modelli ruoti il delicato problema della contraffazione29 che avviene in totale spregio dei diritti di esclusiva sul marchio attribuiti oltre che dall’art. 2569 c.c.30 e dall’art. 20 cod. prop. ind.31, anche dall’art. 12, Dir. 98/71/CE il quale statuisce che “la registrazione di un disegno e modello conferisce al titolare il diritto di un uso esclusivo di utilizzarlo e di vietare a terzi di utilizzarlo senza il suo consenso”. A questo punto, in base all’urgenza o meno di ottenere dal competente Tribunale un provvedimento idoneo a paralizzare le violazioni subite, si può procedere o con un’azione cautelare, presupponendo l’esistenza del fumus boni iuris e del periculum mora, o con un procedimento ordinario. Inoltre all’azione di contraffazione si può aggiungere quella di concorrenza sleale, ai sensi dell’art. 2598 c.c., intesa come l’azione di chi “usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente, diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente; si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo con conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”.

In conclusione è possibile affermare che se il requisito del carattere creativo risulta ormai tipizzato da una giurisprudenza ultradecennale, il valore artistico rappresenta un elemento costitutivo relativamente nuovo e necessario per la tutela delle solo opere del design destinate, per loro natura, ad assolvere compiti funzionali (come quelli di una poltrona, di un letto, di una lampada, etc.) ed in essi non è facile individuare la coesistenza tra il valore e artistico e la funzionalità pratica del bene di uso quotidiano. Dunque, come statuito non solo dalla sentenza oggetto del presente scritto ma anche da altra giurisprudenza di seguito menzionata, esiste comunque un parametro affinché il valore artistico sia individuabile nelle opere del design limitando, per quanto possibile, la valutazione soggettiva e discrezionale del giudicante. Questo criterio oggettivo è riscontrabile nel riconoscimento ed apprezzamento dell’opera del design presso ambienti culturali, l’esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate (e non a carattere commerciale), l’attribuzione di premi, l’acquisto di un valore di mercato tale da trascendere quello legato alla sua funzionalità, la vendita sul mercato artistico e non in quello meramente commerciale (cfr. sent. n.11942, Trib. Milano 28 novembre 2017; sent. n.11766, Trib. Milano 22 novembre 2017; sent. n.2717,Trib. Torino 24 maggio 2017). La notorietà dell’autore dell’opera del design non è invece un indice sufficiente per attribuire valore artistico all’opera stessa. La provenienza da un designer di fama indiscussa costituisce un elemento di giudizio importante, ma non decisivo, giacché il valore artistico – e quindi la tutela autorale – deve essere individuato nella singola opera (cfr. sent. Trib. Torino 24 maggio 2017), mentre la notorietà dell’autore depone evidentemente a favore della sua intera attività e di creazioni necessariamente anteriori a quella oggetto del giudizio. Ed infatti, secondo quanto evidenziato anche dalla Suprema Corte di cassazione con la Sentenza Cass. civ. n. 23292 del 13 novembre 2015 “non necessariamente un noto artista produce in ogni caso opere di valore artistico”. Ma soprattutto la notorietà dell’artista è un riconoscimento che, se non addirittura postumo, sopravviene solitamente dopo anni di attività ed in questi anni le opere, pur se artisticamente valide, non godrebbero di alcuna tutela se la notorietà del loro autore fosse un criterio per valutarne il valore artistico, infatti, come recita il testo della citata sentenza “È ben possibile che artisti non ancora riconosciuti producano opere aventi questo valore”.

1* Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla valutazione di un referee.

2 I diritti patrimoniali dell’autore, nel nostro ordinamento, sono elencati dagli artt. 12-19 l. aut. Essi consistono nel diritto di pubblicare ed utilizzare l’opera in ogni forma e modo (art. 12 l. aut.); di riprodurre l’opera, moltiplicandola in copia con qualsiasi mezzo (artt. 13- 14 l. aut.); di eseguirla, rappresentarla o recitarla in pubblico (art. 15 l. aut.); di diffonderla, con mezzi di diffusione a distanza (art. 16 l. aut.); di distribuirla e commercializzarla con qualsiasi mezzo (art. 17 l. aut.); di tradurla, elaborarla e trasformarla (art. 18 l. aut.); di noleggiarla e darla in prestito (art. 18-bis l. aut.).

3 Secondo l’art. 2575 c.c. e l’art. 1 l. aut. sono oggetto del diritto d’autore: le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.

4 Art. 810 c.c. “Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”. Il Bene giuridico è una cosa caratterizzata dall’utilità, cioè idoneità a soddisfare una necessità dell’uomo; dall’accessibilità, intesa come possibilità di subire espropriazione; dalla limitatezza, quale disponibilità limitata in natura. Questa definizione si distingue, perciò, da quella naturalistica di cosa: è possibile, infatti, che vi siano cose non beni giuridici, basti citare a questo proposito alle opere dell’ingegno consultato in Brocardi.it.

5 L’art. 19 l. aut. afferma che i diritti esclusivi (morali e patrimoniali) previsti dagli articoli precedenti all’art. 19 sono fra loro indipendenti. L’esercizio di uno di essi non esclude l’esercizio esclusivo di ciascuno degli altri diritti. Essi hanno per oggetto l’opera nel suo insieme ed in ciascuna delle sue parti.

6 Art. 109, L. n. 633/1941.
7 Art. 10, L. n. 633/1941.
8 Libro V, Titolo IX, Capo Capo II “Del diritto di brevetto per invenzioni industriali”.
9 Cfr. D.U. Santosuosso, Commentario del diritto Civile, Torino, 2014, 3.
10 Cfr. F. Dell’Aversana, Manuale di diritto delle arti dello spettacolo, II ed., 2016, Varazze, 171. 11 Cfr. F. Dell’Aversana, Manuale di diritto delle arti dello spettacolo, II ed., 2016, Varazze, 172.

12 Cfr. Bramante, La tutela giuridica della forma dei prodotti: disegno, modello o design?, consultabile presso il sito www.iusinitinere.it, pubblicato il 6 giugno 2018 .

13 Cfr. A. Vanzetti – V. Di Cataldo, Manuale di diritto indistrustriale, VIII ed., Milano, 306.

14 Per avere una prova in merito al possesso del diritto in oggetto è preferibile effettuare un deposito dell’opera presso un ente che ne certifichi la data di creazione (in Italia la società in questione è la SIAE). Soltanto così, in caso di controversie, si potrà avere una prova inconfutabile della proprietà intellettuale.

15 IP Law Galli Newsletter, Aprile 2006.

16 Il copyright è l’insieme di diritti che fanno capo all’autore di un’opera, permettendogli di sfruttare economicamente la propria creazione attraverso la sua riproduzione, distribuzione e diffusione, proteggendo le caratteristiche artistiche di un oggetto ed è per tale motivo che, in molti ordinamenti, si registra una certa riluttanza nell’applicarlo anche alle opere di design industriale, dove l’aspetto estetico si concilia e si fonde con quello funzionale.

17 Art. 17, Dir. n. 98/71/CE. Inoltre, tale possibilità viene recepita anche dal Reg. UE n. 6 del 2002, dove all’art. 96 si specifica che: “disegni e modelli protetti in quanto tali da un disegno o modello comunitario sono altresì ammessi a beneficiare della protezione della legge sul diritto d’autore vigente negli Stati membri fin dal momento in cui il disegno o modello è stato ideato o stabilito in una qualsiasi forma. Ciascuno Stato membro determina l’estensione della protezione e le condizioni alle quali essa è concessa, compreso il grado di originalità che il disegno o modello deve possedere”.

18 L’art. 1, Dir. 98/71/CE al punto a) precisa che: “si intende per ‘disegno o modello’, l’aspetto dell’intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale e/o dei materiali del prodotto stesso e/o del suo ornamento”.

19 Art. 17, Dir. 98/71/CE “considerando che, per il buon funzionamento del mercato interno, è d’importanza fondamentale unificare la durata della protezione attribuita dalla registrazione di disegni e modelli”.

20 Art. 8, Dir. 98/71/CE “considerando che, in mancanza di un’armonizzazione della normativa sul diritto d’autore, è importante stabilire il principio della cumulabilità della protezione offerta dalla normativa specifica sui disegni e modelli registrati con quella offerta dal diritto d’autore, pur lasciando gli Stati membri liberi di determinare la portata e le condizioni della protezione del diritto d’autore”.

21 Decreto legislativo in merito all’Attuazione della Dir. 98/71/CE relativa alla protezione giuridica dei disegni e dei modelli apporta alcuni notevoli cambiamenti nella legislazione della disciplina del modello, regolata, sino ad ora, dal R.D. 25 agosto 1940, n. 1411, e dalle successive diverse modificazioni. In base alla nuova normativa viene innazitutto a decadere la caratteristica denominazione di “modello ornamentale”, in contrapposizione al tradizionale “modello d’utilitá”. Il “modello ornamentale” diviene ora semplicemente “modello”.

22 Giudici, Alcune riflessioni sui marchi di forma, alla luce della nuova disciplina dei disegni e modelli, in Riv. dir. ind., 2002, 174 ss. 23 Modifiche introdotte dall’art. 1, comma 1, del D. Lgs. 20 febbraio 2019, n. 15.

24 Come statuito dagli artt. 12, 13, 14 cod. prop. ind., i requisiti di validità del marchio sono: la novità, la liceità e la capacità distintiva. 25 In questo senso Gargiulo, Industrial design e marchi di forma nella prospettiva del secondary meaning, in questa Rivista, 2008, 432.

26 L’art. 13, comma 1, cod. prop. ind. dispone che non possono costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa i segni privi di carattere distintivo, e in particolare quelli che consistono esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio (ad esempio parole come “standard”, “super”, “deluxe”, “top”).
Quelli costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscano, come i segni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio. Tuttavia, l’art. 13, comma 2, cod. prop. ind. dispone che, in deroga al divieto di registrazione dei marchi privi di carattere distintivo: Possono costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa i segni che prima della domanda di registrazione, a seguito dell’uso che ne sia stato fatto, abbiano acquistato carattere distintivo”.

27 Trib. Napoli 26 luglio 2001, ord., in Riv. dir. ind., 2002, 153 ss.

28 Cfr. F. Dell’Aversana, Manuale di diritto delle arti dello spettacolo, II ed., 2016, Varazze, 171 a 187.
Il diritto morale è un diritto esclusivo che la legge riconosce in favore dell’autore a tutela della sua personalità. Esso consiste nel diritto di decidere se e quando pubblicare l’opera, di rivendicarne la paternità e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione e ad ogni atto a danno della stessa.
È un diritto inalienabile, imprescrittibile e irrinunciabile, cioè può essere esercitato indipendentemente dai diritti patrimoniali derivanti dalla creazione dell’opera e anche nel caso in cui quest’ultimo sia stato ceduto a terzi.
È inoltre, illimitato nel tempo poiché dopo la morte dell’autore può essere rivendicato dal coniuge, dai discendenti e ascendenti. Si tratta di accertare il requisito della paternità, ovvero quel diritto morale ad essere riconosciuto autore che, tramite la genesi creativa, unisce indissolubilmente l’opera al suo autore e che può essere esercitato anche dagli eredi. Cosi come statuito dall’art. 23, L. n. 633/1941.

29 Ai sensi dell’art. 473 c.p. commette reato di contraffazione “Chiunque, potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale, contraffà o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti industriali, ovvero chiunque, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati”.

30 L’art. 2569 c.c. statuisce che “Chi ha registrato nelle forme stabilite dalla legge un nuovo marchio idoneo a distinguere prodotti o servizi ha diritto di valersene in modo esclusivo per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato”.

31 L’art. 20 cod. prop. ind. afferma che i diritti del titolare del marchio d’impresa registrato consistono nella facoltà di fare uso esclusivo del marchio e di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usarlo nell’attività economica. 

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